25 aprile. San Marco Evangelista. Commento completo





Per credere occorre essere accompagnati dai segni elencati dal Signore: quelli che credono "scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non rechera' loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno". Gesu' non specifica chi siano "quelli che credono"; questi possono essere nello stesso tempo gli apostoli che annunceranno il Vangelo e chiunque ad esso crederà. Si tratta di un affare serio, dell'opera del Signore che si compie attraverso la storia: Dio non si e' fatto carne, non e' entrato nella morte, non e' risorto per dare una pacca sulle spalle dell'umanita', un incoraggiamento e una consolazione a buon mercato. C'e' di mezzo salvezza e condanna per "ogni creatura". Dimenticare il dramma che costituisce la vita dell'uomo, la reale possibilita' di perdere o salvare la propria anima e' forse il rischio piu' grande che corre la Chiesa. Se essa non freme di zelo e compassione autentiche per "ogni creatura", compromette la sua missione. La Chiesa e' mandata ad annunciare il Vangelo, custodendo il deposito della fede che si fa visibile attraverso segni concreti e inequivocabili negli apostoli e in chi accoglie il loro annuncio: "Evangelizzare, infatti, e' la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identita' piu' profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio" (Paolo VI, Evengelii nuntiandi). Gesu' e' risorto e dal Cielo accompagna i discepoli "dappertutto" agendo con loro, autenticando la loro parola con i segni celesti che svelano la presenza di Dio. Sono segni soprannaturali, opere, prodigi, miracoli che l'uomo, per quanto onesto, buono, rispettoso non può compiere. Su di essi vi è, inconfondibile, il copyright di Dio. Opere di Dio nella carne debole degli uomini, che svelano la loro natura celeste. Di conseguenza, naturalmente, chi crede al Vangelo opera quanto esso annuncia; e' passato dalla morte alla vita e ogni sua opera ha il sapore del Cielo, come un aereo che supera la barriera del suono, essa oltrepassa la barriera della carne e della corruzione. Il veleno che uccide, la condanna di chi non crede, non reca danno a chi ha oltrepassato la soglia del sepolcro. Il veleno dell'invidia, del rancore, del giudizio, del male, non puo' nulla in chi crede. Gli apostoli passano indenni nelle fiamme delle persecuzioni, la loro fede vince il mondo: "Avendo ricevuto tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca" (S. Ireneo, Trattato contro le eresie). Attraverso di essa giunge agli uomini la stoltezza della predicazione, e coloro che accolgono l'annuncio degli apostoli ricevono gratuitamente la loro stessa fede. Parlano la nuova lingua del Vangelo, radice incorruttibile dell'amore e vincolo dell'unita', i segni offerti al mondo perche' possa credere: "Benché nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro. Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il fecondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla" (S. Ireneo, Ibid.). Cosi', la stessa fede che muove gli araldi del Vangelo, irrora la vita di chi lo accoglie, ed essa si fa visibile come un sigillo nei segni che l'accompagnano. Esattamente gli stessi segni accompagnano la fede di chi annuncia e di chi crede: quello che gli apostoli predicano e mostrano appare in coloro che accolgono e credono. Perche' chi crede non muore, chi crede ama oltre la morte perche', accogliendo la chiamata del Signore, e' entrato nella "Chiesa che incomincia là, nel cuore del Padre, che ha avuto questa idea … Non so se ha avuto un’idea, il Padre: il Padre ha avuto amore. E ha incominciato questa storia di amore, questa storia di amore tanto lunga nei tempi e che ancora non è finita. Noi, donne e uomini di Chiesa, siamo in mezzo ad una storia d’amore: ognuno di noi è un anello in questa catena d’amore. E se non capiamo questo, non capiamo nulla di cosa sia la Chiesa” (Papa Francesco, Omelia nella Messa a Santa Marta, 23 aprile 2013). 



I segni di cui ci parla il Signore non si possono pianificare in un consiglio pastorale, preparare nelle riunioni delle Conferenze Episcopali. Non si studiano. Sono miracoli, saette che trafiggono il banale grigiore che si abitua a tutto, il ripetersi di desideri e concupiscenze di una vita che, senza l'amore di Dio, non e' mai sazia. Gesù non ha frequentato un corso su Dio, non lo ha conosciuto all'universita', fosse anche la Gregoriana; Gesu' era, semplicemente, suo Figlio. Cosi' e' di ogni figlio nel Figlio, di ogni cristiano. Cosi' e' per la Chiesa che attraversa i secoli con lo zelo appassionato che freme di compassione, e la spinge ad andare dappertutto, nella consapevolezza che ogni evento che la riguarda, ogni persecuzione, ciascun istante della vicenda concreta dei suoi apostoli, e' legato ed e' favorevole e contribuisce al bene delle anime e alla missione di annunciare il Vangelo: "La Chiesa resta nel mondo, mentre il Signore della gloria ritorna al Padre. Essa resta come un segno insieme opaco e luminoso di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa la prolunga e lo continua. Ed e' appunto la sua missione e la sua condizione di evangelizzatore che, anzitutto, e' chiamata a continuare. Infatti la comunita' dei cristiani non e' mai chiusa in se stessa. In essa la vita intima... non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l'ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della Buona Novella. Cosi' tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l'opera di ciascuno e' importante per il tutto" (Paolo VI, ibid). Nulla della nostra vita è fine a se stesso, perche' tutto è in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Il veleno che oggi ciascuno di noi dovra' bere - l'incomprensione del marito, la ribellione del figlio, la malattia, la precarieta' economica - e' il segno con il quale il Signore accompagna e sostiene e certifica la nostra fede e quella di coloro ai quali siamo inviati. Anche oggi prenderemo in mano il serpente antico, il seduttore di tutta la terra, la menzogna che che avvelena la vita di ogni uomo, e lo renderemo innocuo in virtu' della fede, per noi e per chi ci e' accanto. Parleremo lingue nuove, la lingua dell'amore che solo in Cielo si parla, quella che supera le grammatica della carne per distendersi sulle declinazioni che raggiungono le debolezze, le sofferenze, le ansie e le speranze di chi ci e' posto accanto senza il filtro dei nostri criteri, senza le correzioni che l'affettivita' vorrebbe apporre alle parole che descrivono la loro vita. Guariremo i malati, sì, in virtu' della fede toccheremo il cuore ferito di chi ci è vicino deponendovi la misericordia di Dio. La Chiesa annuncia il Vangelo con i segni della Croce, gli stessi compiuti da Mose' con il suo bastone dinanzi al Faraone; non ve ne sono altri, perche' il Vangelo e' la buona notizia che rivela la sapienza della Croce. "Quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici e diventa un po’ burocratica, la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una ong. E la Chiesa non è una ong. E’ una storia d’amore ... Ma ci sono quelli dello Ior … scusatemi, eh! .. tutto è necessario, gli uffici sono necessari … eh, va bè! Ma sono necessari fino ad un certo punto: come aiuto a questa storia d’amore. Ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una ong. E questa non è la strada. No: la Chiesa è Madre. Qui ci sono tante mamme, in questa Messa. Che sentite voi, se qualcuno dice: ‘Ma … lei è un’organizzatrice della sua casa’? ‘No: io sono la mamma!’. E la Chiesa è Madre. E noi siamo in mezzo ad una storia d’amore che va avanti con la forza dello Spirito Santo e noi, tutti insieme, siamo una famiglia nella Chiesa che è la nostra Madre” (Papa Francesco, ibid.). La nostra storia concreta, infatti, è un segno materno per i figli, i coniugi, i fidanzati, gli amici, i colleghi. Tutto e' segno di un amore che vince la morte e il peccato, e che trasforma la condanna in Grazia. Anche oggi siamo mandati dappertutto, in ogni istante della nostra giornata, e nulla ci e' indifferente, da nessuna situazione dobbiamo scappare. Niente ci cade addosso improvviso, perche' è il Signore che ci invia a vivere ogni evento da risorti con Cristo; non subiamo la vita, la affrontiamo da protagonisti, come la missione più importante: liberare i prigionieri, cancellare la condanna che pesa su ogni uomo, spalancare per tutti le porte del Cielo, il destino di felicità eterna che il Vangelo annuncia: "il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l'Invisibile" (Paolo VI, Ibid). 


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